Intervista al poliedrico Francesco Boccia, cantautore, attore, vocal coach e scrittore
che per ben quindici anni ha vissuto nella nostra Municipalità, tra pro e contro
Solare, carismatico, virtuoso, simpatico, coinvolgente, geniale… Sono infinite le “declinazioni” di Francesco Boccia, artista a tuttotondo, “papà”, tra l’altro, del successo planetario “Grande Amore” – reso celebre da Il Volo -, che in questo numero di Soccavo Magazine si racconta a 360 gradi, tra presente, passato e futuro.
Francesco, sono da poco terminate le repliche partenopee – tutte sold out – del musical “Masaniello”, che ti ha visto protagonista al teatro Politeama. Com’è andata?
È stato un grande successo! E ce ne siamo accorti subito, sin dalla “prima”. Il pubblico ci ha accolti ogni sera con applausi a scena aperta, standing ovation e, soprattutto, alla fine, quando si accendevano le luci in sala, abbiamo sempre notato un teatro pieno di sorrisi e occhi commossi. La conferma dell’ottimo risultato l’abbiamo, poi, avuta dai giornali dopo il debutto: tutte critiche positive!
Che clima si respirava in scena e dietro le quinte?
Ho avuto la fortuna di lavorare con professionisti di serie A. Nonostante le tante difficoltà che un kolossal del genere può creare, il gruppo si è mostrato subito unito ed affiatato, affrontando tutto insieme, dal problema più piccolo al più grande. C’era amore, voglia di stare insieme e così tanto talento, che anche gli imprevisti in scena sono stati gestiti in maniera naturale, sempre col sorriso. E tutto questo non è scontato. Si è respirata gioia pura.
Tra l’altro hai condiviso il palco con Aurelio Fierro jr, col quale ti esibisci anche nella band Super 4…
Sì, questa è un’altra cosa che ha dato un upgrade allo spettacolo e il merito è del maestro Enzo Campagnoli, che ha avuto la grande intuizione di mettere al mio fianco due pezzi del mio cuore: Federica De Riggi, artista dal talento straordinario, con la quale lavoro già da 2 anni al Teatro Bracco, alla quale voglio un bene dell’anima; e Aurelio jr, che considero un fratello. A parte stimarlo come artista, gli voglio proprio bene. Abbiamo condiviso tantissime cose importanti in questi anni e questo ha rafforzato il nostro legame. Ormai ci conosciamo alla perfezione e accettiamo i difetti e i pregi l’uno dell’altro… Ritrovarci insieme per questa esperienza teatrale è stato fantastico e molto divertente e, soprattutto, alla gente è arrivata la nostra complicità.
Credi di avere qualcosa in comune con il ruolo che hai interpretato?
Io sono Masaniello! E l’ho capito durante i mesi che ho dedicato allo studio del personaggio. Giorno dopo giorno, si è rafforzata in me questa convinzione. Ho capito che questa esperienza mi stava aspettando. “Masaniello” per me è stato più di un musical. Lo definirei un viaggio introspettivo. Marito, padre e lavoratore, con un’avversione smisurata verso le ingiustizie: sono tutti punti che ci accomunano. Ricordo che durante lo studio dei brani, da solo a casa, mi emozionavo e piangevo, nel pensarci.
Tu, per cosa faresti una “rivoluzione”?
La sto già facendo, da tutta la vita… L’amore è l’unica rivoluzione che conosco e vi assicuro che essere un “uomo d’amore” non è per niente facile, ma sono consapevole sia l’unica cosa che conti.
Da non molto, sì è concluso anche il Festival di Sanremo, manifestazione che in passato ti ha visto in gara sia come artista, che in veste di autore. Ci racconteresti in breve questa “doppia” esperienza?
Si tratta di due avventure molto intense, che hanno segnato la mia vita in modo indelebile. Sinteticamente, sono difficili da raccontare, per questo consiglierei di leggere il mio libro “Da Sanremo al Grande Amore”, grazie al quale poter scoprire davvero cosa c’è dietro le mie canzoni. Alla gente arriva il prodotto finito, ben confezionato, pronto per essere acquistato, ma ogni parola, ogni nota ha la mia vita dentro, i miei demoni, i miei stati d’animo, le mie lacrime e le mie speranze.
Cosa hai provato quando hai sentito la tua “Turuturu” cantata nientemeno che dai Coldplay durante un concerto?
Una gioia immensa. Sono rimasto sbalordito quando mi è arrivato il video e si è rafforzata la consapevolezza che la bellezza non ha tempo: se una canzone è bella, lo sarà per sempre. Per l’occasione, ho potuto togliermi anche qualche sassolino dalle scarpe, perché in passato qualche critico nostrano rivolse a questo brano battute infelici. Qualcuno scrisse addirittura che un giorno mi sarei pentito di aver portato al Festival di Sanremo quel pezzo. E, invece no, sono orgoglioso di aver scritto Turuturu e non lo rinnegherò mai.
E quando hai appreso che la tua “Grande amore”, che ha appena festeggiato 10 anni, aveva vinto la kermesse sanremese?
Io ero lì, perché oltre ad essere l’autore del brano insieme a Ciro Tommy Esposito, ero il cantante della resident band del dopo Festival, così ho potuto vivere la fantastica esperienza anche insieme ai ragazzi de Il Volo. Questa canzone è stata la risposta a 12 anni di attesa. Sì, perché Grande Amore è stata nel cassetto per tutto questo tempo e nel 2015 ho capito il perché. Era qualcosa più grande di me. Alchimia. Il brano giusto con l’artista giusto. Era perfetta per Il Volo, ma quando la scrissi non esistevano ancora! Per questo Grande Amore è qualcosa di più di una canzone. È un successo che non tramonterà mai.
È vero che precedentemente l’avevi proposta per interpretarla personalmente, ma senza successo?
“Grande Amore” l’ho scritta nel 2003, perché volevo tornare a Sanremo da solo, visto che la coppia di “Turuturu” si era sfasciata subito. L’avrò presentata al Festival per 6, 7 volte. Sempre bocciata. Mi dicevano che era “vecchia”. Dopo tanti no, pensai che la canzone avesse bisogno di altre voci, così il mio editore, nonché amico fraterno Pasquale Mammaro, l’affidò ad un duo lirico, Operapop.
Come mai, poi, la scelta è caduta su Il Volo?
Grazie al grande Carlo Conti! Iscrivemmo gli Operapop nella sezione giovani di Sanremo 2015 con “Grande Amore”, ma c’era un problema: superavano l’età consentita dal regolamento, anche se la canzone a Carlo era piaciuta tantissimo. Mi disse che per lui era talmente forte da dover assolutamente gareggiare tra i big e che sapeva già a chi proporla. Fu proprio lui a farla ascoltare a Il Volo. I ragazzi in un primo momento risposero di no e Conti provò per un po’ l’angoscia che ho provato io per tanti anni, ma non si arrese. Mi consigliò di mandare il brano a Celso Valli, il loro direttore artistico, ma nella versione cantata da me, l’originale. Dopo cinque minuti, mi richiamò Celso euforico dicendo che aspettava questo brano da tanti anni e che non dovevo preoccuparmi perché sarebbe stata la fortuna de Il Volo e anche mia. E così è stato! Quando mi mandarono il provino cantato dai ragazzi piansi di gioia e capii perché quei 12 anni di attesa… Avevo creato qualcosa più grande di me. “Grande Amore” cantata da Il volo resterà per sempre un capolavoro.
Che rapporto hai con il trio?
Bellissimo e si è creato sin da subito un feeling non solo con i ragazzi, ma anche con le loro famiglie. Persone semplici come me, che amano i propri figli e lottano con sacrificio per realizzare i loro sogni. Nessuno gli ha regalato niente, quello che hanno conquistato è il frutto del loro talento e io sono orgoglioso di aver contribuito alla loro crescita. Abbiamo vissuto insieme oltre al Festival di Sanremo anche l’Eurovision a Vienna e anche di quell’esperienza, ho dei ricordi intensi e dolcissimi che non dimenticherò mai. Ho assistito a tanti concerti de Il volo e hanno sempre ringraziato me e Ciro al momento di “Grande Amore”. Inutile sottolineare, che l’emozione che provo ogni volta è indescrivibile. Vedere ed ascoltare migliaia di persone che cantano con passione una tua canzone, insieme a Piero, Gianluca e Ignazio, è meraviglioso.
Cantante, autore, attore, vocal coach e da poco anche scrittore. Ci parli del tuo libro appena pubblicato?
Sì, anche se più che libro, lo definirei un testamento d’amore per mio figlio Michael, che racchiude tanti pezzi di vita vissuta accompagnati da poesie. Per l’occasione, mi sono messo a nudo raccontando le storie che hanno dato vita alle canzoni, le paure, i sogni, la morte e la rinascita, le soddisfazioni, le delusioni. C’è tanto in questo mio primo libro e ogni volta che lo rileggo provo emozioni forti, che smuovono sempre la mia coscienza fino alle lacrime. È uscito il 15 febbraio per festeggiare i 10 anni di “Grande Amore” e ogni giorno mi arrivano messaggi di ringraziamento dolcissimi da parte di chi lo ha già letto. Sicuramente, tante persone si ritroveranno nelle storie della mia vita, come nelle mie canzoni.
E dell’esperienza a Domenica in, che ricordi hai?
Un tuffo nei miei 18 anni… avevo appena preso il diploma e mi ritrovai catapultato su Rai uno come cantante. Mi diedero un appartamento a Roma. Come “mamme” avevo Mara Venier e Orietta Berti e come “papà” Enzo Gragnaniello e Francesco Nuti. Andavo alle feste di compleanno delle ragazze di Non è la Rai, frequentavo tante celebrità… Insomma, un sogno. Proprio qualche giorno fa a Storie italiane ho riabbracciato Antonella Bucci con la quale ho condiviso quella bellissima esperienza e, anche se sono passati 30 anni, ho ritrovato quell’affetto e quell’amore che non è mai svanito.
Chi ti piacerebbe interpretasse una tua prossima canzone?
Non saprei. Io scrivo, poi, ci pensano le canzoni a trovare la strada. Ogni volta che immagino un progetto oppure mi faccio un’idea su un brano, non si realizzano. Per questo ho imparato a fare musica senza pensarci troppo. Dopo “Grande Amore” ho capito che a noi mortali è consentito solo scrivere, al resto, pensa la vita.
Cosa bolle in pentola?
Sono in continua evoluzione… Seguitemi e lo scoprirete!
Dove ti ascolteremo prossimamente?
Ci saranno tante occasioni per vedermi all’opera: le repliche di “Masaniello”, il musical di Tato Russo; i concerti con i Made in Italy e i Mascalzoni Latini, in giro per l’Italia; i live dei The Super 4 e le fiere del libro, dove incontrerò volentieri chi vorrà acquistarlo.

Francesco, fino a qualche mese fa hai vissuto nella nostra Municipalità. Sei nato in zona o sei venuto a viverci “da grande”? Come ti sei trovato?
Sono nato e cresciuto a Fuorigrotta, al viale Augusto, dove abitano ancora i miei. Da agosto del 2024 abito a Brusciano, ma per 15 anni ho abitato a Pianura, prima a via Angogna e poi ai Pisani. Ho lottato con i miei vicini per il degrado e l’abbandono totale da parte delle istituzioni del territorio. Abbiamo fatto guerre per far togliere cumuli di immondizia e discariche abusive. Tante volte abbiamo vinto, ma non bisogna mai abbassare la guardia. Il palo con il nome della nostra strada, ad esempio, l’abbiamo autofinanziato, anche l’asfalto, e che dire dei pozzetti per il problema dell’allagamento ogni volta che pioveva? Insomma, è stata dura, ma queste problematiche mi hanno anche permesso di stringere amicizia con tutta la contrada e quando me ne sono andato c’è stato un magone generale. Porto nel cuore tante persone che abitano ancora lì.
Tommy Totaro