Intervistiamo Bruno Marra, giornalista e scrittore, autore del libro ‘BruNapoli’, un testo composto da 16 capitoli che raccontano la napoletanità.

di Tommy Totaro

 

 

Marra è nato a Napoli il 29 novembre 1970. E non è solo autore di questo testo, ma è anche e soprattutto un abitante di Soccavo, una persona che vive il quartiere in prima persona e di certo questa sua peculiarità fa da sfondo al volume di cui stiamo scrivendo. E questo è il motivo per il quale abbiamo deciso di occuparcene.

 

Allora Bruno, com’è nata l’idea di raccontare Napoli?

 

L’idea è nata in pochi mesi, ma in realtà è una distillazione emotiva di anni. Napoli per me è sempre stata una linea guida, una Terra ricca di balsamo creativo e fuoco alchemico. Raccontando Napoli ho raccontato me stesso in una simbiosi unica e indissolubile. E’ un libro itinerante tra i vari aspetti della napoletanità, filtrati del mio mondo morale e della mia storia intima.

Quali sono secondo lei i tratti che contraddistinguono la città nel mondo?

 

Io dico sempre che Napoli è un moltiplicatore di vibrazioni. E’ una città che eleva a potenza ogni espressione, sia nel bene che nel male. Personalmente ritengo che se non fossi nato in questa città, sarei stato una persona peggiore. Lo dico con convinzione perché Napoli ha dato culla e crescita al mio sentire quotidiano. Napoli è una delle città più promiscue del mondo. In pochi chilometri quadrati vivono estrazioni culturali distanti e talvolta diametralmente opposte. Questo è il fascino di una città che è impossibile declinare in un solo modo, perché Napoli può essere raccontata in diverse maniere. E nessuna di essa sarebbe più giusta o sbagliata di un’altra”

 

Nel sottotitolo del suo libro leggiamo ‘Piccoli affreschi sull’arte di essere napoletani’. Perchè essere napoletani è, per lei, un’arte?

 

E’ un’arte perché Napoli ti insegna subito le pulsioni basiche dell’animo umano. Uno dei più grandi affreschi che rappresentano questa città, in chiave letteraria, è “L’Oro di Napoli” di Giuseppe Marotta. In quel romanzo tetragono, si evince che il vero valore prezioso del nostro popolo è la pazienza. I napoletani elaborano tutto con pazienza, che non è solamente una seraficità nell’attendere, bensì una maniera distaccata e leggera di vivere le evenienze, le difficoltà, l’indigenza e spesso la sofferenza. Un’arte che rende Napoli una “Repubblica indipendente”, non già istituzionalmente ma filosoficamente”

 

Nel suo testo vengono raccontati alcuni particolari come il primo giorno nella cattedrale del San Paolo, la prima notte dell’esplosione Maradona, fino ai miti di Totò ed Eduardo. Lei personalmente, quale preferisce?

 

Innanzitutto in BruNapoli non esiste l’oleografia che spesso viene associata alla nostra città. Non c’è spazio per il mare, il cielo, il sole e tutti gli stereotipi che rendono Napoli una cartolina sdrucita. C’è la Napoli dell’entroterra, dei quartieri, delle strade, dei dialoghi e dei silenzi. In questo contesto il calcio non è uno sport ma uno stato d’animo. Raccontando il San Paolo ho parallelamente raccontato i napoletani ed il loro modo di interpretare gli eventi. Il calcio è una chiave d’accesso inespugnabile per la comprensione del nostro mondo, ma poi il libro si estende alla cultura, all’arte e ai personaggi che hanno reso Napoli eterna nel Mondo. Non c’è un capitolo preferito, il libro è una osmosi di argomenti e spaccati che posseggono dignità propria ma che si intrecciano per scandire la pienezza della narrazione.

 

Lei è stato definito l’Anti Saviano. Cosa ne pensa?

 

La definizione nasce per la mia avversione, argomentata e illustrata, alla deriva di Gomorra. Non già il libro, che io ritengo essenziale e scritto con una forza divulgativa straordinaria, bensì sulla piega del gomorrismo che ha dato vita alla fiction e a un emisfero che anziché condannare la deliquenza, gli strizza l’occhio in maniera ammiccante trasformando i Boss camorristici in Supereoi nell’immaginario collettivo. Un riflesso che condiziona soprattutto le nuove generazioni e coloro che non hanno gli strumenti culturali adeguati per discernere e filtrare la realtà dalla finzione.

Qual è lo scopo del suo volume?

 

Far conoscere la Napoli Eterna. Io credo che se questo libro capitasse nelle mani di qualcuno tra 20 anni, sprigionerebbe la stessa potenza evocativa. In BruNapoli c’è il racconto universale e inespugnabile della nostra città. Non è un instant book legato al contingente, ma una ricostruzione caleidoscopica del racconto che la nostra Terra saprà sempre esprimere nei Secoli.

 

Il suo libro si rivolge più ai napoletani o ai non napoletani?

 

“Si rivolge a tutti. Molti lettori mi dicono: “hai scritto esattamente ciò che io avrei voluto esprimere da anni, senza trovare le parole giuste”. Ecco, se c’è una sola peculiarità ed un solo pregio di questo libro è il valore identificativo. Chi si immerge nella pagine da “napoletano” defocalizza completamente l’autore e diventa egli stesso protagonista della storia, dando la propria voce alle mie parole. Chi, invece, legge questo libro da “non napoletano” può scoprire anche antropologicamente quale siano l’humus e le corde intime della napoletanità. Non a caso il claime che ho scelto per BruNapoli è: “la nostra Storia, il nostro Mondo, il Vostro libro”. Perché questo è il libro di tutti. Che io ho partorito come un figlio, ma un figlio che avrà vita propria e indipendente. Con una forza tanto dicotomica quanto simbiotica che lo accompagnerà per sempre”

 

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